Immaginate, giocate, ballate, danzate. Improvvisate, osate, create, raccontate. Non c’è nulla di giusto, nulla di sbagliato. Superi la soglia e il cerchio diventa amico, lo spazio familiare, l’energia sentita. Lei, allora, con voce calda e profonda ti racconta gli albi, ti descrive la relazione tra il lettore (adulto), il fruitore (bambino) e l’albo. Ti svela la storia e la genesi, rintraccia l’etimologia delle parole.
Loro, Aurora e Mary, si muovono come in una danza continua, in un copione non scritto ma presente. E dall’altro lato, i partecipanti, anzi, le partecipanti, ci stanno. Arrivano e si mettono in gioco. Sono qui, accettano questa originale formazione, osano e il cuore si apre. Allora le domande sgorgano spontanee, diventano esigenze condivise, le risposte mai verità date ma dialogo e confronto, i dubbi sciolti e accolti. Donne di età e storie diverse, tutte uguali in quel cerchio che qualcuno ha definito di luna. Ognuna con un sogno dentro sempre più palese con il passare delle ore, ognuna, pian piano, più svelata e per questo più accolta. Le ore scorrono veloci ma intense. Le risate si accompagnano agli sguardi commossi. La domenica mattina raccontano tutte contente di sonni profondi e sogni belli. Inizia la seconda parte. Il target è sempre più alto e sfidante ma siamo condotti per mano. Incoraggiate e non sforzate, lanciate ma sostenute. Per comprendere le potenzialità degli oggetti, ci trasformiamo in essi. Attiviamo l’attenzione sui dettagli della narrazione: ritmo, pausa, suono. Conosciamo strumenti e materiali insoliti. Immaginiamo le potenzialità nascoste dietro un libro aperto e da condividere.
Io non l’avevo ma vista una formazione così. Io non avevo mai sentito lo spazio tanto produttivo e vivo. Siamo tutti su un registro comune di apertura e condivisione. Tra i partecipanti ci sono una libraia e un’animatrice, un’educatrice e una studentessa prossima alla laurea, un’impiegata pubblica e una donna d’azienda, una manager di eventi con un passato nel mondo dello yoga. Ci stanno dentro fino al midollo. E ci sono ancora loro, le tue compagne di viaggio, quelle scelte sulla fiducia, con la pancia, quelle persone senza cui dodici ore così non avresti potuto immaginarle. Quelle talmente professionali che ognuna ha fatto il suo modulo, ma sono rimaste per tutto il corso. Loro che hai voluto per approfondire quello che – spesso – non hai o non sai quando scegli di aprire una libreria per bambini.
Non sei una libraia, apri una libreria e lo diventi. E allora, proprio la libraia che non era una libraia ma lo è diventata, aveva immaginato un corso come lo avrebbe voluto per lei. Per questo aveva proposto una formazione che era un mix: letteratura, narrazione, gestione. Un corso per pubblici diversi e per questo più rischioso. Ma ci teneva perché la libraia crede nelle informazioni condivise, nel sapere circolante.
Aurora e Mary la spiazzano, lei – la libraia – va su altro registro, forse un po’ si incarta, forse sottovaluta l’onere dell’organizzazione e la fatica del relatore, ma rischia con sincerità, sa che tutto serve. Sa, e lo sanno loro, che quella è una nuova sfida anche per lei. Ripete talmente tante volte di non aprire una libreria per bambini che, a conclusione del suo intervento, chiede a Mary di leggere quel passo del suo libro in cui scrive che questo posto finché avrà un senso resterà qui. E quel senso, l’aveva trasmesso. La libraia ha condiviso numeri e cifre. Ha aperto il file dei conti, ha messo sul tavolo le difficoltà e ha dato qualche suggerimento per andare più certi. A fine pomeriggio, si sono detti che queste ore hanno lasciato tracce e spunti, a volte solo assaggi e che sarà bello tornarci dedicandoci più tempo.
È ormai sera: la libraia spegne le luci e pensa che non se l’aspettava così ma era quello che immaginava. Una cosa bella e curata come desiderava, unica, con la pasta al forno e la cioccolata fondente che l’attenzione e l’energia impiegata richiedevano. Torna a casa con nuovi numeri di telefono, più compagnia, più strada fatta e altra nuova da fare. Cammina con la certezza che anche chi si dichiarava non poetica aveva dentro un’anima grande e bella. Passeggia con la certezza che se qualcuno si è commossa a fine corso, e qualcuno si è prenotato per Io spettacolo di Rosalina, e qualcuno ancora ha comprato il tuo libro, qualcosa è accaduto. Certo, si accorge che nessuna ha preso l’attestato di partecipazione – perché c’era ma ce ne siamo dimenticate – e tutte hanno lasciato gli ombrelli ma sarà la scusa per rivedersi, perché un ombrello si rimedia e un attestato, ora, è un titolo formale ma non essenziale.
Oggi siamo diverse, più consapevoli di essere libere responsabili e anche vulnerabili, portatrici di mondi altri possibili e sostenibili, meno sole.
Oggi ci metteremo in gioco con tutti gli strumenti appresi, rideremo come solo le donne belle insieme sanno fare, sogneremo e progetteremo. Andremo, sicure, ognuna per la sua strada ma già insieme.