Ci sono sogni che prendono corpo pian piano, come le pance delle mamme. Ci sono progetti che nascono nel profondo, a volte talmente inconsci da essere solo spunti, immagini, intuizioni. Ci sono esigenze che è difficile verbalizzare, ma è un percorso meraviglioso realizzare. Ci sono luoghi desiderati instancabilmente. Ci sono mondi immaginati e a volte lontani, ma costantemente ricercati. Ci sono cammini lunghi e giornate lunghissime, quando le cime sembrano troppo alte e la stanchezza in agguato. Ci sono giorni – o settimane o mesi – in cui tutto sembra apparentemente fermo anche se sai che hai seminato, anche se sai che hai programmato, pianificato, comunicato. Ci sono giorni in cui un progetto sembra troppo ambizioso e la sfida impegnativa. Ci sono giorni in cui il senso, per un attimo, cede il passo al pensiero di aver osato troppo, alla tentazione di rallentare. Ci sono giorni così. Tra un mese e l’altro, tra una newsletter e un evento, tra una fattura e una lettura. Ci sono. Spesso, ci sono, per chi non si quieta, per chi non si siede. E poi c’è un giorno, finché un giorno, che accade. Che il seme esploda con tutta la sua potenza, con tutto il suo vigore, con tutto il suo profumo. Che il sogno prenda un volto, che lo spazio sia reale e talmente pieno da essere quasi vicini a toccarsi. Mattine in cui quel senso profondo, comune, condiviso e apprezzato, emerge. Quando quindici e più mamme arrivano e stanno. Si riposano, si confrontano, si confortano. Quando alle pance, si avvicinano le seconde pance e a volte le terze. Quando la compagnia diventa ristoro e rete, progettualità e condivisione. Quando si impara a portare in fascia per avere le mani più libere e le passeggiate possibili, quando si fa ginnastica al parco per rimettersi in forma, quando ci si siede per terra a condividere una sosta, un dubbio, una nottata insonne. Ci sono giorni in cui i sogni parlano linguaggi universali e umani. E il resto, è solo un pensiero.
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo