Arrivano tremanti e spaventati. Accaldati e spaesati. Lui piange di un pianto disperato e irrefrenabile, lei trema, stanca e avvilita, da quel pianto a cui non riesce a dare consolazione. Piange da venti minuti, dice con il suo accento francese, non so più che fare. Possiamo stare un attimo qui? mi dice guardando la sedia come un miraggio. Accomodatevi, le dico, piange, fa di nuovo lei, non si calma. Siediti, stai tranquilla. Vuoi un bicchiere d’acqua? Le chiedo mentre lo sto già prendendo, tremi anche tu. Si siede, arrivano acqua, cuscino e poggiapiedi per la mamma e un caldo abbraccio per il piccino. Ora sono tranquilli. Lui dorme beato dopo la sua poppata, lei ha di nuovo le guance colorate dopo il pallore dell’arrivo. E accade così quello che aveva immaginato prima di aprire questo posto: di essere un punto di riferimento per le mamme e i bambini. Un porto sicuro, un luogo a misura di essere umano. Bastava poco: una sedia e un cuscino comodi, un bicchiere d’acqua, un bagno pulito con fasciatoio, una sensibilità e un’accoglienza sincera. “Grazie per averci dato asilo politico”, mi dice la giovane Nathalie salutandomi. Sorrido e penso all’etimologia di queste due parole: asilo, luogo che accoglie persone bisognose di particolare assistenza e aiuto, porto sicuro e inviolabile e politico che è proprio del cittadino e penso che non poteva esserci definizione più bella della nostra libreria.
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo