Ieri sera, dopo una giornata lunga lunga, la libraia – senza passare da casa – si è rinfrescata, ha cambiato la maglietta, ha preso un autobus e alle 20 era a Prati, a partecipare a una riunione di librai.
Era talmente stanca che non aveva la forza di leggere un libro e talmente provata da aver dimenticato di prendere carta e penna.
Arrivata si è seduta vicina ad una collega, dalla faccia parimenti provata.
Come stai?
Bene. Abbiamo le facce uguali, le ha detto ironica la collega, e hanno riso insieme.
Questo per me è il periodo più stancante dell’anno.
Sì, ha fatto l’altra, peggio del Natale.
Centro estivo?
Eh, sì.
Da che ora eri in libreria?
Dalle otto di stamattina.
Pure io.
Ecco.
Poi torni a casa e riguardi le foto della giornata. E realizzi che dietro quelle stelline a coprire i volti dei bambini, ci sono facce sorridenti e rapite di chi ascolta una storia, facce, e cuori e cervello in ascolto, facce di bimbi che hanno giocato, ballato, cantato, inventato storie.
E in quella foto, ci sono gli adulti che sono arrivati all’uscita e hanno dovuto attendere. Perché non c’è orario, impegno o commissione che possa spostare bimbi attenti e sereni. Bimbi impegnati nel meraviglioso lavoro della crescita.
E allora, ne vale la pena. Di restare aperti d’estate, di osare. Di mettere la sveglia alle sei. Di inventarsi e sperimentare. Di non dormire la notte. Di chiudere il centro estivo e aprire la libreria per fare collane di pasta colorata.
E di aprire, stamattina, ancora, pronti per una nuova avventura
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo