Vi saranno capitati di certo, nei corsi di formazione, o nelle sessioni di team building, o in colloqui di selezione, i lavori di gruppo in cui vi veniva sottoposto un testo e vi si chiedeva di trovare una soluzione o dare un parere a una situazione. Erano esercizi finalizzati a mettere in evidenza punti di vista, atteggiamenti, attitudini, caratteri. Nei colloqui di gruppo servivano a tratteggiare il profilo del candidato, a verificare le reazioni di fronte a situazioni particolari o cruciali. Testi volutamente provocatori in cui toccava confrontarsi su tematiche sensibili. Ne emergevamo punti di vista, opinioni, visioni, vissuti che all’osservatore (a turno toccava a tutti) registrava senza giudizio. Il tema era talmente coinvolgente che, dopo poco, anche tra sconosciuti, calavano le maschere e tutti, più o meno, mostravano il lato più intimo e segreto. Ecco, ieri sera, per un attimo le è arrivata questa immagine, non perché fosse un esercizio di gruppo, ma perché rifletteva che di fronte a un testo complesso, ricco di contrasti, con posizione mai nette, con sfumature continue, con il buio della notte e la luce del sole, con i buoni e i cattivi pronti a scambiarsi i ruoli, gli animi si sono scaldati e una serata di lettura condivisa online è arrivata a sfiorare i novanta minuti. Un vero record per noi. Al centro c’era La casa della moschea e un Iran raccontato, in olandese, da un esule rifugiato politico, per restituire memoria al passato e conoscenza all’Europa di un mondo altro.
Ne è venuta fuori una discussione a più voci. È accaduto un interrogarsi su una storia per alcuni recente, per altri lontana. Una riflessione sulla donna, sulla religione, sugli estremismi. Una curiosità su un est di cui sappiamo poco.
E, di ritorno, uno sguardo su di noi, su come viviamo, su dove siamo, su cosa abbiamo vissuto e conquistato. Nelle stanze segrete di una connessione online si sono condivise voci. Da città diverse, da età diverse, da sguardi diversi: una contaminazione potente, che ogni volta arricchisce e suscita nuove domande.
Un gruppo di lettura mai così frequentato come in questi mesi, mai così aperto a nuovi partecipanti, che, complice la tecnologia, e il desiderio di uno spazio di respiro in un momento faticoso, si aggiungono di volta in volta.
Mentre a turno ci passiamo la parola, qualcuno, con sguardo esterno, ritrova i fili che la libraia inconsapevole ha tessuto. L’esilio, la lingua, la voce, le storie di alcuni per raccontare la Storia. Negli ultimi tre testi abbiamo raccontato di passati duri, di mondi dolorosi, attraversati ed elaborati, di racconti scritti da autori che da quelle terre si sono allontanati, per scelta o necessità. E ne ritrovano la memoria abbellendola con lo sguardo della nostalgia, smussando gli angoli e restituendo una visione poetica, forse meno aderente al vero, ma intrinsecamente umana.
Accadono cose in questo lock-down che possiamo soltanto assecondare, come il desiderio di viaggiare in paesi sconosciuti e lontani che porta a scegliere autori così diversi e geograficamente lontani da noi.
Arrivano suggestioni, input e segnali e noi li accogliamo, li raccogliamo e da testimoni attenti del nostro tempo le sedimentiamo e riproponiamo perché risuonino anche per altri. Stasera voleremo ancora più ad est, verso quella Cina divenuta nota e familiare, quasi come se ci fosse un‘urgenza, oggi, di andare oltre noi e i nostri confini.
Al prossimo gruppo di lettura ci sposteremo in Ungheria, alla scoperta di una letteratura meno nota e di cui presto riprenderemo I ragazzi della via Pal.
Sarà un nuovo viaggio.
Non vediamo l’ora di partire.
Insieme.