Se l’è portato nella valigia dei libri.
Quella dove ha dovuto scegliere se mettere tre libri oppure Tre della Perrin (che prenderà non appena ripasserà da Roma).
Questo libro con la copertina bianca era in libreria tra le nuove uscite e i consigli per l’estate.
Fortunosamente scampato allo Strega (la libraia non ama i premi ), si è rivelato una meravigliosa sorpresa.
Perché Laura Imai Messina arriva a una maturità di scrittura che pervade ogni pagina, perché, seppure in più punti scivolando su trame e percorsi già visti, la storia ha un sapore tutto suo e scorre veloce e intrigante, eppure lenta e profonda come solo il Giappone sa essere.
Le descrizioni accurate e minuziose della miriade di colori, anzi delle sfumature di colori, che vedono gli occhi di Mio è affascinante e sempre nuova.
Il gioco dei contrasti – che accompagna tutto il romanzo – dona ritmo alla narrazione, in un’alternanza di pieno e vuoto, di soste e slanci che ti tiene incollata alle pagine.
C’è una libertà che accade in ogni pagina, c’è una trasformazione continua mentre si svela il passato, c’è un evoluzione costante mentre si recuperano le tradizioni più antiche. C’è un’autrice nuova, provata, pacificata, diversa, come lei stessa rivela nella fitta pagina dei ringraziamenti.
La Messina non si risparmia in questo testo che mescola vita e morte, in un ciclo sempre nuovo. Che mette insieme i toni scuri della sera e l’esplosione dei verdi di un giardino segreto.
Una storia nata anche grazie alla pandemia, acuita dall’urgenza di essere, di vivere mentre il mondo sembrava rotolare verso la fine.
La libraia, che normalmente legge veloce come le fanno notare i più, ha centellinato la fine.
Ha riletto le pagine più dense.
Si è soffermata sul glossario, ha ritrovato i cibi de Le ricette della signora Tokue, ha avuto voglia di mangiare jap e di partire per Tokyo.
Ha vissuto i giorni e le notte di Mio e Aoi, ha accolto segreti e bugie. Ha riso e pianto.
Ha annotato i libri da leggere e i film da vedere.
Ha amato profondamente questo testo, che vi consiglia.
In attesa di tornare a parlarne.