Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo già altrove.
Da qualche parte, sta scrito che la prima definizione di “politica” risalga ad Aristotele e stia a intendere amministrazione della “polis” per il bene di tutti, quindi l’individuazione di uno spazio/luogo pubblico al cui mantenimento, alla cui vitalità tutti i cittadini sono chiamati a partecipare.
La libraia non crede agli oroscopi ma bilancia per nascita ha un senso della giustizia innato e una naturale inclinazione a credere e proporre condivisione di idee, spazi, competenze e saperi, convinta che – se ciascuno potesse esprimere il potenziale che ha – ne guadagneremmo tutti.
Sostenitrice e attuatrice del principio per cui solo nella pratica quotidiana di osmosi di saperi accade la crescita collettiva e la trasformazione positiva.
Questo luogo nasce e si alimenta così. Di rapporti, scambi,relazioni.
Alla base di questa passione, c’è un rigore che ha fondamenta antiche,
Quella della storia greca, della filosofia antica, quelle che una laurea in lettere classiche ha solo ampliato.
Ci guida l’idea che ci debba governare una pulizia nell’agire, una coerenza che, quando manca, i ragazzi, cui ci rivolgiamo, colgono immediatamente.
Lo spostamento del dehor che abbiamo festeggiato in tanti è stato il frutto di una battaglia tenace contro l’ingiustizia e il sopruso.
Abbiamo festeggiato uno spazio recuperato,certamente, di fatto però giustizia non è stata fatta.
Qualcuno, noi, per quattro anni, ha subito un torto e qualcuno, per quattro anni, ha leso qualcun altro. Noi, di questi quattro anni, non siamo stati risarciti. Nessuno ha chiesto scusa, nessuno ha pensato a cosa siano stati questi quattro anni.
Accade quotidianamente. E non fa bene a nessuno.
Così due mesi fa, parallelamente a questa vicenda che ci teneva svegli la notte, subivamo la spiacevole situazione di trovarci costantemente esposti alla comunicazione del Maggio dei Libri.
Un’iniziativa promossa dal Cepell per promuovere la lettura, una stortura per cui il nostro paese affida alle associazioni e ai volontari, con bandi e fondi ad hoc, progetti di promozione della lettura. Alle associazioni e non ai librai che lo fanno di mestiere. Un po’come se affidassimo a una associazione di appassionati cultori della medicina la cura dei pazienti. Bizzarro, no?
Sic transit gloria mundi.
L’iniziativa in oggetto arrivava con il cappello del Municipio in cui risiediamo.
Comunicava il coinvolgimento delle realtà indipendenti e valorizzava, questa volta sì, le librerie e le case editrici indipendenti con sede nel quartiere.
Già.
Quelle amiche, le solite, quelle che, ti giri e ti rigiri, stanno nei posti giusti.
Qui, signori, non era colpa della politica, loro non ci vedevano perché avevamo il dehor davanti.
Fai una mappatura delle librerie, dici amico collega eletto ma tu lo sai quali sono le librerie del quartiere?
Sì, certo.
A b e c. Basta? Basta.
E R non compare perché il meglio sta sempre in testa.
Così è.
In questo bando, noi non c’eravamo.
Eppure, i criteri li avevamo tutti.
Allora scriviamo per chiedere notizie, anche dopo che qualcuno di voi, giustamente, ci aveva segnalato la bella iniziativa del maggio dei libri.
Parte la mail, in copia tutti.
Qualcuno risponde con account privati (cestinati), qualcuno con whatsapp (cestinato al cubo), qualcuno coraggioso dice non ne sapevamo nulla, ha deciso l’assessore e lo abbiamo scoperto dopo.
Incassiamo ma ci restiamo talmente male che non riusciamo a scriverne una riga.
Era la seconda volta che la politica non ci vedeva.
Già, avevamo il dehor davanti.
Poi succede che il dehor sparisce e cavoli, per magia, RRR esiste!
Ma dico, pure noi, dai, da nove anni che stiamo qui, buoni buoni, nove anni che non facciamo nulla se non stare fermi ad aspettare che qualcuno entri, vero, no?
Dai, la libraia, quella capisce, quella non urla, quella è gentile,
Quella.
Eh.
Mercoledì pomeriggio, 3 luglio, dopo 9 anni dall’apertura, arriva un signore.
Cerca la titolare. Mi guardo intorno e sono io.
Si presenta ed è l’assessore alla cultura.
Ha letto la mia mail (due mesi fa) e viene a chiedermi scusa.
Amaro giubilo.
L’assessore in libreria mica è per tutti, c’era una cliente a testimoniare e anche se non abbiamo fatto foto insieme vi assicuro che la visita c’è stata.
E per questo l’ho ringraziato e lo faccio di nuovo qui. Eppure, ahimè, la nuova che portava era antica e non buona.
Eh, sì, signori cari.
Il maggio dei libri era un esperimento pilota. Un progetto partito su proposta di un’associazione, “brave, sa, due ragazze”.
Certo, capisco, ma non è che noi non lo siamo.
Sì, ha ragione, siamo stati un po’ superficiali, non abbiamo mappato bene tutte le librerie.
Ha ragione, concordo, non potevate, avevo il dehor davanti.
Già.
Vabbè, ma recuperiamo, dico io, perché, aggiungo, sa che a pensare male si fa peccato ma, a volte, diceva qualcuno.
Stia tranquilla, la terremo presente.
Infatti, dico io, lo scorso anno eravamo stati invitati a una prima riunione per l’estate del Municipio, poi nulla più. Solo che le stesse librerie che erano a quella riunione, all’estate romana hanno avuto accesso e ce le siamo ritrovate pure nel maggio dei libri e adesso di nuovo nella stessa estate romana a cui non ci avete chiamato. Un po’ strano, che dice? Sempre il dehor o proprio non ci volete?
Non è così semplice.
Perché?, ci dica.
Eh, sa, insegno all’università, ma qui è complesso.
Uhmmm e come possiamo partecipare?
C’è un bando.
Bene e mi dica, quando si apre il prossimo così proviamo a partecipare?
Ci vuole un progetto.
Quello è semplice, sa un po’ di cose le facciamo anche noi, aggiungo.
(Pausa imbarazzata) solo che il bando è triennale.
Ah.
Già
E quindi?
E quindi?
E quindi tralascio, confidando che la prossima volta prima di affidare un bando per tre anni si coinvolgano tutti tutti, o si facciano bandi più brevi così da garantire una democratica rotazione.
Ecco, mentre mi fermo a riflettere su questa estate insolita e continuo a programmare il futuro, dico che sono contenta di aver ricevuto un assessore dopo 9 anni e che dall’autunno inizieremo un laboratorio sulla politica.
Quella vera.
Quella che ha a cuore il bene della polis, non di pochi.
Quella a cui vogliamo educare le nuove generazioni.
Quella che fa camminare il paese e la comunità e non gli amici degli amici.
Quella che ci consente di coltivare e accrescere spirito e senso critico e non accontentarci, o bearci, di una visita seppure importante.