Lunedì mattina la libraia ha scelto di dedicare la sua mattinata libera alla testimonianza. Ha selezionato una serie di testi e si è avviata verso la scuola media Settembrini di via Sebenico. Dalle otto alle dodici ha incontrato sei classi, presentato otto titoli, sei case editrici, sei progetti editoriali, e ha condiviso storie. Storie di sogni e di diritti, di strade fatte e di percorsi da fare. Ha parlato dell’8 marzo, di quella giornata scelta per ricordare un evento tragico e in cui soffermarsi a riflettere su donne e diritti civili. Insieme agli studenti delle classi seconde e terze ha letto che la prima donna primario chirurgo nel nostro paese è stata Giovanna Riccipetitoni, all’ospedale Ricci di Milano nel 2007 e la prima donna rettore universitario Bianca Maria Bosco Tedeschini Lalli nel 1992 all’Università Roma III. Hanno letto di tante donne, partendo sempre dalla storia di una. Perché, come diceva Malala in occasione della consegna del premio Nobel, racconto la mia storia non perché sia unica, ma perché non lo è. È la storia di molte ragazze. Oggi racconto anche le loro storie. Storie di donne intraprendenti e studiose. Di donne che hanno seguito un desiderio. Di donne che avevano un sogno e attraverso lo studio lo hanno realizzato. Donne, che non erano né speciali né ribelli, ma solo esseri umani fino in fondo. Donne che una volta realizzato il loro sogno hanno scelto di condividerlo perché sentivano che non poteva essere altrimenti. Donne scienziate, partigiane, giornaliste, cantanti. Donne che hanno rispettato le regole o hanno scelto di cambiarle quando era necessario. Lunedì mattina abbiamo scelto storie di diritti e di coraggio, ma anche fatto un tuffo nel passato e recuperato le versioni originali delle fiabe, quelle storie in cui le eroine avevano ruoli e caratteristiche diverse da quelle che conosciamo, donne che si sono salvate, da sole, grazie a parole e intelligenza. Prima di andar via, al termine delle letture, la libraia si è fermata sulle scale a parlare con le docenti. E ha scoperto che attorno a lei c’era un comune sentire, un desiderio condiviso di approfondire. Di creare un percorso. Di continuare quello che era accaduto la mattina. Di accogliere quello che emergeva: l’interesse e la curiosità dei ragazzi -mentre sfogliavano i libri che avevano presentato-, lo stupore mentre realizzavano l’esistenza di testi a fumetti o con le illustrazioni. Qualcuno era più attento, qualcuno più dubbioso, tutti toccati. E in una classe una ragazza le è venuta vicino e le ha chiesto: ma la libreria è proprio sua? Davvero? Che bello! E allora alla libraia si è aperto un mondo e quando la sera è andata in pizzeria e si è trovata come sottofondo la musica dei suoi anni alle scuole medie, quando leggeva e studiava, quando studiava e progettava, quando faceva volontariato in una terra che sentiva stretta, e non immaginava che sarebbe potuto accadere quello che desiderava, ha ripensato alla fortuna del suo lavoro, del suo sogno realizzato. A quanto fosse stato prezioso ogni momento della strada percorsa e a quanto avesse ricevuto quella mattina. Ha ripensato a quei volti, a quegli sguardi curiosi e ha immaginato, fiduciosa e sognatrice com’è, che qualcosa di quei trenta minuti passati in ogni classe possa essere stato utile per qualcuno, certa come affermava Eva Mameli Calvino che l’unica possibilità sia continuare a gettare i semi, facendo sempre più progetti che bilanci. Il resto verrà.