Oggi la libraia è dispiaciuta, impotente, colpita, arrabbiata anche se la rabbia non le piace e non la coltiva. Ha letto questo articolo dedicato a Matera e alle difficoltà delle piccole librerie. Una libreria che chiude è figlia della politica che riduce a 4 gli anni di liceo. Che confonde – con razionale, diabolico pensiero – ong e scafisti. Che favorisce frivolezza a cultura. Evasione a implementazione. Che degrada le peculiarità di un paese tagliando a zero artigiani, botteghe e prodotti tipici o locali.
Una omologazione senza se e senza ma. Un continuo annullare, o impedire, o rallentare o lasciare al coraggio di pochi la diffusione di conoscenza e pensiero critico. Non pensare, non studiare, non cercare, non approfondire, non curiosare, non conservare, non tramandare. Non posizionarti con un progetto tuo unico, originale, distintivo. Resta alla superficie, non chiedere e non chiederti. Vivi leggero e superficiale. Trovati un posto comodo e tranquillo.
Non leggere, non capire, non guardare. Così avrai paura degli attentati, chiuderai le frontiere, resterai piccolo e gestibile. Per sempre.
C’è una solidarietà non scritta tra le piccole librerie. C’è un patto di leale non concorrenza, c’è un tifo reciproco, e c’è la consapevolezza di lavorare – vicine o lontane – a un comune sentire progetto: ambizioso e altissimo. Restiamo ultimi baluardi e frontiere. Spazi frequentabili. Luoghi di incontro e aggregazione, di pensiero. Ma siamo soli. Che la sensibilità dei nostri costituenti, non abita i nostri governanti. E quando c’è, la sensibilità, la si fa fuori mettendola alla gogna sul web o in uno studio di un notaio, come è successo a Roma.
Abbiamo visioni e sguardi brevi. Preferiamo il soldo facile e veloce. Il poi si vedrà che annienta il Paese.
C’è un dolore acuto quando una libreria chiude, profondo come se fosse la tua. Come se qualcuno fosse riuscito a distruggere un pezzo di quel sogno che è fatto di tante tessere, sparse in Italia e nel mondo. Un puzzle unico e variegato, prezioso. Da difendere. Anche quando è impossibile.
Quando scopri che questo mese l’affitto non l’hai ancora pagato, perché hai scelto di pagare le persone. Quando le tasse che paghi sono sproporzionate, quando gli affitti li decidono altri. Quando guardi i conti e ti domandi che senso ha. E ti fermi, perché il senso c’è. Per oggi e per domani. Per te. Per i tuoi figli. Per quelli degli altri.
E allora riapri le pagine scoperte per caso, quelle di ieri e leggi “quasi tutti sembravano amare il proprio lavoro, anche quelli che erano preoccupati per il futuro. Era un’attività piena di incertezze… Amavano i libri, la letteratura, gli scrittori, l’intero mondo dell’editoria, e non esitavano a dedicare ore al contatto con i clienti perché ritenevano che il loro fosse un ruolo nobile”. (Il caso Fitzgerald, J. Grisham, Mondadori)
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo