Il lunedì, spesso, la libraia va in giro. Con un libro sottobraccio e gli occhi sgranati. A piedi o in bus, va a zonzo per la città. Che, senza questa boccata d’aria e fantasia, non ci sarebbe il resto. Che senza il fuori, non ci sarebbe il dentro. Alcune commissioni ci sono, altre un po’ se le inventa per la scusa di fare due passi. Di godere di quella mattinata libera mentre Francesca è in libreria.
Oggi ha ritirato dei giochi, è passata da Tiger, ha fatto un salto alla Feltrinelli di Largo Argentina che dai grandi si impara sempre ed è finalmente riuscita a incontrare la direttrice di una scuola che l’aveva chiamata tempo fa. Alla fine torna, carica e appagata, con gli occhi colmi di bellezza, e pensa che quattro mura davvero non bastino.
Che il fascino della strada vinca sempre. Che questa città la ama e forse, un giorno, chissà, toccherà ricominciare a spostarsi. A fare itinerante questo spazio. Un giorno. Ma alla fine si rimette i panni da libraia e apre, c’è il laboratorio dei piccini. Scrive, lavora, saluta, ordina, prenota e, quando tutto finisce e restano solo lei e quella bimba rilassata in una vasca di fieno e riso soffiato, così assorta nei suoi pensieri, così appagata e soddisfatta, così concentrata nel suo gioco solitario dopo tanta confusione, pensa che è così che si è sentita stamattina: avvolta e rilassata, per un po’ dolcemente e piacevolmente solitaria.