Confessione da libraia.
Ha scelto questo titolo colpita dalla copertina.
Ha scelto questo titolo perché continuava ad inciamparci tra post e consigli.
Ha scelto questo titolo per la bellezza dell’illustrazione.
Ha scelto questo titolo sulla scia di un impulso. Creato ad arte lo sa, e scientemente efficace. Come ogni gesto di comunicazione che si rispetti.
Ha scelto questo libro e ha iniziato a leggerlo.
Totalmente ignara della storia.
Inconsapevole che fosse ispirata a una vicenda vera.
Ha scelto questo libro sostenuta dall’emozione del primo sguardo.
Attratta da una copertina, da un’immagine.
E ora che di pagine ne ha lette – d’un fiato – 358 e si avvia a concluderle, si ritrova in mano un trattato di storia e economia.
Un’impresa piccola.
Un’ambizione grande.
Una famiglia.
Una tenacia unica.
Una mente aperta; uno sguardo curioso.
Una vita dedita alla putia.
Una vita a far dimenticare le origini.
A costruire una reputazione.
Intorno guerra, monarchia, moti e rivoluzione. Spezie e colera. Automazione e rottamazione.
E impresa.
E migrazione. E immigrazione.
E contaminazione e razzismo.
E fatica e sudore. E malelingue e rancore.
L’inglese, le macchine, la bottega, il dialetto siciliano.
Palermo, le donne, le mogli, le madri, le amanti.
Una storia che ti entra dentro.
Che lascia traccia, che trascina e si insinua.
Certo, lu putiaru zoccu avi abbannìa (il negoziante decanta ciò che ha) ma se ve lo consigliamo, un motivo ci sarà.
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo