Un po’ Philip Roth, un po’ John Edward Williams di Stoner.
Una scrittura che chiede una lettura lenta e consapevole.
Un ritmo che è dato.
Un’America semplice, una cittadina “normale”, in una quotidianità rasserenante.
Eppure c’è un livello di tensione che resta alto, un’attesa che non abbandona mai le pagine, scemando appena, prima di quella sterzata finale, che lascia sorpresi e impreparati.
Un testo che vorresti aver letto con il gruppo di lettura per condividerne impressioni e coglierne sfaccettature e sentieri vari.
Lui, l’altro lui, lei, l’altra lei, loro.
Lui, Jack, lei, Jennie, il direttore del giornale, lo sceriffo. E poi loro: i cittadini di Holt.
Il popolo benpensante.
L’America puritana e protestante.
Holt e gli avvenimenti che sconvolgono le giornate. Holt e i furti, gli incidenti, le punizioni e le vendette. Gli amori.
Holt e Denver.
La monotonia e la vita. Holt e il tempo, il prima e il dopo. La catarsi.
Ora – mentre immaginiamo la prossima lettura rigorosamente su altri registri – non possiamo che considerare che abbiamo già ordinato una copia de Le nostre anime di notte. Perché se c’è una cosa che adesso sappiamo è che Haruf ti prende e non ti lascia la mano.
E voi cosa avete letto di lui?
Di politica e polemica. Osservando con spirito critico.
Un tempo non ci vedevano perché c’era il dehor, ora ci vedono ma non ci hanno visto arrivare, perché siamo