Martedì sera, alle 19.30, ospiteremo la presentazione de #Ilmalacologo, scritto da Lorenza Raponi e pubblicato da Rubettino.
Abbiamo conosciuto Lorenza da pochissimo e quasi per gioco abbiamo pensato di intervistarla in vista del nostro incontro.Ne è venuto fuori un botta e risposta che riportiamo integralmente.
Questa la bio che c’è sul sito di Rubettino. Vuoi aggiungere o sottolineare qualcosa? Lorenza Raponi È nata in Sud Africa nel 1957 e lì ha iniziato le scuole. Ha poi vissuto a Roma fino alla fine dell’università (si è laureata con Tullio De Mauro) poi a Londra e in Lussemburgo e poi di nuovo a Roma. Si occupa di insegnamento dell’italiano come lingua madre e come L2. È impegnata nel volontariato: nell’accompagnamento al lutto con Gruppo Eventi Sostegno e Formazione (www.gruppoeventi.it) e nella casa famiglia Ain Karim di Roma (www. ainkarim.it). Ha pubblicato con M. Zanzucchi, La metà di due rupie (2007) e Il villaggio che corre (2014
).
Lorenza: Potrei dire che gli anni con Tullio De Mauro mi hanno inculcato non solo l’attenzione alla lingua, anzi alle lingue e ai linguaggi, ma anche un senso di responsabilità civile e sociale che si impernia sul discorso della lingua; potrei anche aggiungere che la mia nascita in un “altrove” (la Johannesburg dell’apartheid del 1957) ha inevitabilmente informato sia una certa sensibilità sul tema dell’appartenere e delle multiple identità che ci attraversano sia una costante curiosità nei confronti dell’altro e del suo appartenere: “La metà di due rupie” è un reportage su una coppia pakistana, e quindi islamica, impegnata nel sociale, un equivalente, in termini cristiani, di Madre Teresa ma con un raggio di azione e apertura ben maggiore del suo; “Il villaggio che corre” è imperniato sulla storia di un operaio mozambicano che viene a Roma a correre la Maratona e un progetto di solidarietà e formazione di giovani donne mozambicane. Negli ultimi venti anni sono i temi del morire e del lutto che hanno attratto la mia riflessione, la mia attenzione.
Cosa ti sta a cuore quando scrivi?
Lorenza: ahh, che domanda difficile. Direi che dietro ogni mia scrittura c’è prima di tutto sempre un fortissimo desiderio di condivisione: quello che si ha quando si scopre, o si pensa, o si immagina qualcosa di cui si vogliono far partecipi anche gli altri, dai più prossimi, conosciuti, al destinatario, sconosciuto, inimmaginabile, se non per grandi linee, di un lettore. C’è quindi certamente un senso di urgenza, come motivazione di base. Poi più sotto, credo, ci sia il desiderio di girare intorno al tema del posto che ognuno di noi si ricava nel mondo, nel – breve – arco di tempo che ci è dato per stare qui. Che senso diamo alla nostra vita? che ci facciamo di questo nostro tempo? Qual’è l’impegno che prendiamo con noi stessi e con gli altri, e con quali obbiettivi? con quali priorità? con quale senso di appartenenza? Guardare (leggere, scrivere) la storia di un altro ci aiuta a metterci allo specchio, a riflettere su chi siamo, su cosa ci motiva, su dove stiamo andando. Ad un altro livello, mi stanno a cuore sia l’aderenza linguistica che la variabilità linguistica, ma queste sono una sorta di deformazioni personali e non motivazioni.
A chi ti rivolgi quando scrivi?
Lorenza: Vorrei dire “a tutti i lettori possibili”. Ma non tutti i lettori leggono tutto. So che dovrei avere in mente un destinatario per potermi esprimere in modo adeguato: so pure però che vivo in una bolla i cui confini mi assomigliano molto, troppo. Scrivo sperando di trovare conosonanze, di catturare la curiosità, l’interesse di persone che vivono nella mia bolla e ai suoi prossimi confini.
Come è nato Il malacologo?
Lorenza: “Il malacologo” è nato dall’organizzazione di un funerale, dallo stupore di vedere riflessa nei partecipanti una immagine multipla, poliedrica, sfaccettata della persona di cui si celebrava la vita. Guardiamo l’altro sempre e solo attraverso i nostri occhi, spesso superficialmente, fissandoci facilmente in una statica fotografia. Anche in questo abbiamo bisogno degli altri: per vedere l’altro. Poi, sono emersi altri temi, dall’appartenere alle tracce che lasciamo, dalla eredità che raccogliamo a quella che lasciamo dietro di noi. Perché le persone dovrebbero partecipare alla serata di martedì 5?
Lorenza: Perché la libraia è molto simpatica e la prima che mi ha proposto di fare una cosa simile.
Perchè mio marito Alex, di solito un po’ poco socievole, è stato il primo ad andare a fare amicizia con la libraia.
Per ascoltare chi ha letto il Malacologo, per sapere cosa ha detto a loro.
Per imparare qualcosa.
Per sentire delle eco.
Per affetto e legame al territorio (sono cresciuta a via Belluno): un pezzo importante delle mie radici.
Non possiamo che aspettarvi martedì.